13-11-2017, 13:53
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 13-11-2017, 13:57 da Denoela.)
LAME D'ARGENTO
Il furore mi invase rapidamente, come una scatola di fiammiferi accesi, riscaldando ogni nervo del corpo. Le spalle e il busto divennero ardenti ed in breve il calore fluì lungo le mie braccia, fino alle le mani, sciogliendo le catene della mia volontà. Mi voltai verso loro e le fiamme seguirono il mio sguardo. Urlai infuriata e una vampata di fuoco eruppe da me colpendoli in pieno.
Un dolore tagliente mi attraversò la pelle in più punti, era una lama che mi colpiva ripetutamente e superficialmente, facendosi sentire nell'ira. Sollevai le braccia roventi per ripararmi e chiusi gli occhi alcuni istanti concentrandomi: l'istinto mi imponeva d'invocare subito la magia più potente, la ragione mi suggeriva che era una pessima idea.
Più forte la voce imponente del sacerdote riportava all'ordine le parti separandoci. Riaprii gli occhi e per alcuni la stanza era come velato dal sangue e dal rosso dei miei occhi accesi. Restai immobile a ridosso del muro, respirando profondamente nello sforzo di riprendere il controllo di me stessa. I tagli già rimarginavano, il dolore spariva, la rabbia scemava.
Solo a terra restavano i segni sporchi di quanto accaduto. Mentre le ultime scintille di calore defluivano dal mio corpo, la stanza riprendeva i suoi colori normali. Guardai ancora un istante le impronte sporche di sangue sul pavimento, le bruciature sul tappeto, il nero sul muro. Provai vergogna e me andai.
Non abbastanza in fretta, sentii la sua mano sulla mia spalla trattenermi con forza. Mi voltai verso di lui infastidita e in risposta strinse la presa con entrambe le mani sulle mie braccia. Il contatto col guanto d'arme era distaccato, in qualche modo disgustoso per la sua freddezza. In contrasto con le sue parole decise a non lasciarmi andare per nessun motivo.
Chiusi le mani a pugno, combattendo la rabbia che si riaccendeva. Ovviamente incolpavo loro, la loro stupidità. Se l'erano cercata, non mi avevano dato scelta. Il calore fluì nuovamente lungo le mia braccia ancora trattenute dal sacerdote. Insisteva sull'importanza del mio ruolo, un tassello di un grande mosaico, in attesa che mi calmassi.
Sapevo esattamente cosa aveva innescato la mia rabbia, da diversi giorni bruciava sotto la mia pelle in attesa di consumarsi come un piccolo focolare. Da quando eravamo fuggiti da quel mondo di follia, in cui l'unica cosa reale eravamo noi e le scelte compiute. Scelte che con ogni probabilità sarebbero state definitive la prossima volta. Ed io.. per niente al mondo sarei rimasta impotente a guardare un'altra volta.
Sono stanca di essere ascoltata da loro solo imponendomi. Aldric si aspetta troppo da me. Io.. sono come mio padre, non sono fatta per essere paziente! Non fanno che ignorarmi, negarmi ogni iniziativa e nemmeno hanno idee migliori. Convinti di essere un gruppo sanno solo pensare a se stessi e si offendono pure di fronte alla verità. Idioti... No, debole io. Nemmeno in grado di vincere me stessa.
"Come ti chiami?" "Echo" "Echo?" "Echo"