09-12-2019, 20:55
Una probabile soluzione al problema venne da Realgar. Di sua spontanea volontà si offrì come esca; propose di farsi rinchiudere dentro al carro per tendere un’imboscata alla compagna di misfatti di Levi. Bisognava avvisare il capitano del piano e poi organizzare gli appostamenti. Chiudemmo così dentro il carro il nostro compagno e ci dividemmo attorno alla piazza in modo da osservare senza essere notati ma purtroppo il nostro piano non funzionò. Qualcuno diede fuoco al carro tramite una bottiglia incendiaria e, a malapena, riuscimmo a salvare Realgar da morte certa.
Dopo alcune rilevazioni nella zona, trovammo una pista utile per arrivare a quei torturatori. Era infatti assai probabile che l’attentatore aveva acquistato il liquido incendiario presso l’erborista che si trovava a pochi passi dal rogo. Fummo fortunati, era così. Lo speziale ci diede una serie di preziosissime informazioni, soprattutto una descrizione dettagliata del suo aspetto fisico che mi permise di scarabocchiare un ritratto. Quindi, con questo ritratto tra le mani, iniziammo a cercare tracce in città di questo uomo: i luoghi principali erano le due locande. Chiaramente al cervo bianco non trovammo nulla mentre, ai sei scudi, ritrovammo le tracce di questo sfuggente gruppo. Le notizie che riuscimmo ad apprendere “interrogando” il locandiere non furono per nulla positive. Sfortunatamente il gruppo era ben più numeroso di quello che pensavamo, oltre a Levi chiuso in galera, la sua compagna e il tizio con il turbante di nome Abdul vi erano almeno altre 9 persone che dovevano gestire altri 8 carri oltre quello che avevamo visto incenerirsi qualche ora prima. Sapevamo quindi che erano tanti, che gli altri carri erano stati fermati fuori città, che erano ormai tutti partiti in direzione Sembia e che, il loro capo spedizione Abdul, si sarebbe fermato per porre rimedio ai problemi creati dal prigioniero.
Avevamo saputo abbastanza, ora dovevamo interrogare Levi e, a qualunque costo avremmo dovuto strappargli più informazioni possibili.
Una volta al comando, chiedemmo alla sostituta del capitano di interrogare il prigioniero e, in maniera del tutto fortuita (è mia convinzione che questa casualità fu un tantino pilotata) questa ci lasciò campo libero dandoci trenta minuti di tempo. Inutile dire che l’interrogatorio non fu esattamente ortodosso ma è anche vero che non avevamo tempo da perdere. Saggiamente Realgar entrò nella cella del prigioniero per ammorbidirlo un po’in modo da renderlo più ben disposto a rispondere alle nostre domande. Da lui avemmo il nome della sua compagna di viaggio (Amigdala) e la conferma del numero di carri diretti verso la Sembia. Fu terribile scoprire che avevano predisposto tutto, anche una via di fuga, in caso di problemi. Strade separate per raggiungere l’obiettivo comune, modi per depistare eventuali inseguitori e completo riserbo, anche con i membri della spedizione, su percorsi alternativi e identità degli altri membri del gruppo. Era inoltre chiaro che Levi non conoscesse esattamente il destinatario di quello che lui chiamava “merce” e che non era altro che un trasportatore. Il vero fulcro di tutto era quell'Abdul ma, anche solo a sentirlo nominare, questi si irrigidiva, palesemente impaurito. Come ultima cosa, prima che scadesse il tempo a nostra disposizione, più mosso da un desiderio irrefrenabile di togliersi di dosso la possente mole di Raelgar che da rimorso, ci fece un’ultima confessione. La bambina che stavamo cercando era fuggita verso sud e, molto probabilmente, avremo dovuto cercare in luoghi umidi, magari sotterranei e vicino a corsi d’acqua dato che più volte aveva dato prova di apprezzare quel genere di posti, magari in fughe precedenti e, visto che non avevamo altre piste da seguire, decidemmo di seguire quest’ultimo consiglio.
A sud di Ashabenford vi sono diversi luoghi che rispondono a queste caratteristiche, avevamo solo l’imbarazzo della scelta. In pochi istanti fummo fuori città e, una volta in aperta campagna fu molto semplice per me trovare le tracce di un folto gruppo di persone (presumibilmente i mercenari che erano stati assoldati per fare da scorta alla carovana) che si dirigeva verso uno dei posti che avevo in mente. Dopo un paio di miglia a seguire le tracce arrivammo all'imboccatura della grotta, nel piazzale antistante vi erano una serie di cadaveri riversi nel proprio sangue che proseguivamo anche dentro l’antro che ci fornivano una specie di pista fino a che, in una sala della grotta, ci trovammo di fronte ad Amigdala che fronteggiava, armata di tutto punto, la piccola fuggitiva. Non pareva avere intenzione di discutere con noi e quindi ingaggiammo con lei una lotta prima che potesse attaccare la bambina. Questa non era una persona come le altre, era dotata di poteri sacerdotali e affrontarla fu davvero impegnativo. Per fortuna, anche grazie alla nostra superiorità numerica, avemmo la meglio su di lei, recuperammo la piccola e ce ne andammo immediatamente da li. Prima di andare, Edie studiò il cadavere e scoprì che questa era una seguace della divinità della sofferenza, Loviatar, informazione che comunicammo subito al sacerdote di Ilmater assieme a ciò che ci disse Levi sugli esperimenti che venivano fatti sui bambini.
Tra i cadaveri fuori e dentro la grotta, nessuno sembrava simile ad Abdul, il che significa che è ancora a piede libero e che, con un po’ di fortuna, ho ancora una piccola possibilità di trovarlo per fargliela pagare, Sembia o meno.
*Il ritratto di Abdul, disegnato al negozio dello speziale e consegnato alle guardie*
- Dm Nyx -