09-11-2018, 20:04
Il genasi posò la sanguigna.
Ricontrollò le due lettere, pressoché identiche tra loro, e si ritenne relativamente soddisfatto. Già, per avere cominciato a scrivere in comune da molto poco non se la cavava poi così male. Probabilmente era portato per le lingue.
I suoi problemi maggiori arrivavano quando tentava di scrivere con la penna d'oca. Evidentemente aveva le mani troppo grandi, le dita troppo grosse... Fatto sta che dopo una o due parole, il calamo si spezzava, rilasciando sulla pergamena un lago d'inchiostro. Per cui aveva deciso di ripiegare sulla matita a carboncino, o sulla sanguigna, a suo parere molto più raffinata per scrivere missive formali.
E dal momento che erano formali, le aveva firmate col suo vero nome. Non che Realgar fosse un nome falso, assolutamente no. Era solo la semplificazione, la versione confidenziale di Rahj al Ghar, il suo nome vero che, anche se era ancora completamente senza memoria, era piuttosto sicuro che non fosse mai stato utilizzato granché.
Consegnò personalmente la lettera indirizzata al tempio della Triade ad un novizio che ne spazzava il cortile d'entrata, mentre quella per l'accademia di Elven Crossing la lascò al capo carovaniere del piccolo convoglio che sarebbe partito da Ashabenford per la cittadella di lì a poco.
Aveva necessità di istruirsi su una matera un poco ostica, la demonologia.
A Realgar non serviva una dissertazione sulle problematiche intrinseche nella costruzione di portali per Cania, ma semplici informazioni sui piani immondi… l’Abisso, i Nove Inferi e i loro abitanti. Non ne sapeva o non ne ricordava assolutamente nulla.
Non poteva certo dire di conoscere bene l’elfa dai capelli rossi, ma da quel poco del suo carattere che aveva potuto osservare in quei pochi giorni, al genasi Shedrimnes non dava l’idea della protettrice dei deboli e dei bisognosi. Lei stessa aveva dichiarato di avere poche persone con cui andava d’accordo. La maggior parte della gente era, nel migliore dei casi, mal sopportata. Certo, poteva benissimo indossare una maschera di disprezzo e di cinismo per nascondere il suo amore per il prossimo, questo sì, ma se Shedrimnes era quello che dava a vedere, la crociata che stava in qualche modo tentando di mettere in piedi, nonostante le sue dichiarazioni, aveva una sola motivazione: la vendetta.
E se fosse stato così, lo spirito di totale sacrificio dell'elfa verso la causa rasentava pericolosamente l'ossessione, e la cosa lo preoccupava.
Stava cominciando ad affezionarsi a quella folle, potentissima ragazza.
Comunque non era abituato a mentire con se stesso, sapeva di stare maturando una decisione, unirsi a quell'improbabile esercito di cacciatori di demoni che Shedrimnes stava creando.
Almeno per un po'.
Non gli dispiaceva essere parte di qualcosa in quel mondo in cui per lui tutto era sconosciuto. E doveva ammettere che far parte di un gruppo che comprendesse Shedrimnes era decisamente piacevole. La ragazza sapeva essere una combattente temibile, senza ombra di dubbio, ma sapeva anche essere una donna, e questo aveva un valore anche per un genasi della terra, nonostante la sua stirpe non fosse particolarmente portata per le relazioni inaspettate.
Ovviamente non era l'unico motivo. Aveva visto con i suoi occhi gli effetti della presenza di un immondo in una villa, per anni. La terra era maledetta, gli animali erano impazziti, e uomini ed elfi irretiti e uccisi, oppure semplicemente uccisi, e sempre in modi raccapriccianti. Ma non erano gli umani e gli elfi a preoccuparlo. Non aveva particolare interesse per loro e la loro prosperità. Era di quel mondo luminoso in cui si trovava che gli importava. Lo sorprendeva e lo commuoveva per la bellezza che l'armonia tra gli elementi gli conferiva e pensare alla profonda stonatura che gli immondi creavano, lo disgustava oltre ogni dire.
E poi aveva il sentore che ci fosse qualcos'altro...
Ricontrollò le due lettere, pressoché identiche tra loro, e si ritenne relativamente soddisfatto. Già, per avere cominciato a scrivere in comune da molto poco non se la cavava poi così male. Probabilmente era portato per le lingue.
I suoi problemi maggiori arrivavano quando tentava di scrivere con la penna d'oca. Evidentemente aveva le mani troppo grandi, le dita troppo grosse... Fatto sta che dopo una o due parole, il calamo si spezzava, rilasciando sulla pergamena un lago d'inchiostro. Per cui aveva deciso di ripiegare sulla matita a carboncino, o sulla sanguigna, a suo parere molto più raffinata per scrivere missive formali.
E dal momento che erano formali, le aveva firmate col suo vero nome. Non che Realgar fosse un nome falso, assolutamente no. Era solo la semplificazione, la versione confidenziale di Rahj al Ghar, il suo nome vero che, anche se era ancora completamente senza memoria, era piuttosto sicuro che non fosse mai stato utilizzato granché.
Consegnò personalmente la lettera indirizzata al tempio della Triade ad un novizio che ne spazzava il cortile d'entrata, mentre quella per l'accademia di Elven Crossing la lascò al capo carovaniere del piccolo convoglio che sarebbe partito da Ashabenford per la cittadella di lì a poco.
Aveva necessità di istruirsi su una matera un poco ostica, la demonologia.
A Realgar non serviva una dissertazione sulle problematiche intrinseche nella costruzione di portali per Cania, ma semplici informazioni sui piani immondi… l’Abisso, i Nove Inferi e i loro abitanti. Non ne sapeva o non ne ricordava assolutamente nulla.
Mentre tornava con calma verso l'Opale, la sua mente si focalizzò sul motivo della sua ricerca.
Shedrimnes.
Non poteva certo dire di conoscere bene l’elfa dai capelli rossi, ma da quel poco del suo carattere che aveva potuto osservare in quei pochi giorni, al genasi Shedrimnes non dava l’idea della protettrice dei deboli e dei bisognosi. Lei stessa aveva dichiarato di avere poche persone con cui andava d’accordo. La maggior parte della gente era, nel migliore dei casi, mal sopportata. Certo, poteva benissimo indossare una maschera di disprezzo e di cinismo per nascondere il suo amore per il prossimo, questo sì, ma se Shedrimnes era quello che dava a vedere, la crociata che stava in qualche modo tentando di mettere in piedi, nonostante le sue dichiarazioni, aveva una sola motivazione: la vendetta.
E se fosse stato così, lo spirito di totale sacrificio dell'elfa verso la causa rasentava pericolosamente l'ossessione, e la cosa lo preoccupava.
Stava cominciando ad affezionarsi a quella folle, potentissima ragazza.
Comunque non era abituato a mentire con se stesso, sapeva di stare maturando una decisione, unirsi a quell'improbabile esercito di cacciatori di demoni che Shedrimnes stava creando.
Almeno per un po'.
Non gli dispiaceva essere parte di qualcosa in quel mondo in cui per lui tutto era sconosciuto. E doveva ammettere che far parte di un gruppo che comprendesse Shedrimnes era decisamente piacevole. La ragazza sapeva essere una combattente temibile, senza ombra di dubbio, ma sapeva anche essere una donna, e questo aveva un valore anche per un genasi della terra, nonostante la sua stirpe non fosse particolarmente portata per le relazioni inaspettate.
Ovviamente non era l'unico motivo. Aveva visto con i suoi occhi gli effetti della presenza di un immondo in una villa, per anni. La terra era maledetta, gli animali erano impazziti, e uomini ed elfi irretiti e uccisi, oppure semplicemente uccisi, e sempre in modi raccapriccianti. Ma non erano gli umani e gli elfi a preoccuparlo. Non aveva particolare interesse per loro e la loro prosperità. Era di quel mondo luminoso in cui si trovava che gli importava. Lo sorprendeva e lo commuoveva per la bellezza che l'armonia tra gli elementi gli conferiva e pensare alla profonda stonatura che gli immondi creavano, lo disgustava oltre ogni dire.
E poi aveva il sentore che ci fosse qualcos'altro...
Realgar
Thrain Stoneshield
Thrain Stoneshield