07-11-2018, 16:45
Pioveva.
Gli stivali affondavano nelle pozzanghere della strada. Realgar non era nativo di Battledale, era piuttosto evidente. Quella era la prima volta che vedeva Essembra, e quella notte non era un granché.
Alla locanda si festeggiava, ma a lui non interessava festeggiare una vittoria non sua in una guerra non sua, per un sovrano non suo, in una locanda che era diventata una sorta di ospedale da campo piena di feriti, alcuni dei quali probabilmente non avrebbero rivisto i figli la mattina successiva.
Oltrepassò le porte della città alta, divelte, aggirandosi per le strade rosse di sangue non suo.
La cosa non gli faceva nessun effetto.
Scavalcando cadaveri, giunse finalmente alla bassa torre che i compagni gli avevano descritto alcune ore prima, la torre di quei famigerati thayan: schiavisti, guerrafondai, tessitori di trame politiche, e chi più ne ha più ne metta.
Era ancora lì, intonsa.
Il genasi la osservò a lungo: dava un’idea di tranquilla, sontuosa, pacifica, intoccabile opulenza.
Uno strano contrasto in quel contesto di morte violenta che la circondava. Come una belva che sonnecchiava soddisfatta, circondata dai resti sanguinanti della preda che era stata il suo pasto.
E in locanda i vincitori festeggiavano la vittoria.
La vittoria.
Con un amaro sorriso sotto il cappuccio fradicio, il genasi si allontanò. Era ora di tornare ad Ashabenford.
Gli stivali affondavano nelle pozzanghere della strada. Realgar non era nativo di Battledale, era piuttosto evidente. Quella era la prima volta che vedeva Essembra, e quella notte non era un granché.
Alla locanda si festeggiava, ma a lui non interessava festeggiare una vittoria non sua in una guerra non sua, per un sovrano non suo, in una locanda che era diventata una sorta di ospedale da campo piena di feriti, alcuni dei quali probabilmente non avrebbero rivisto i figli la mattina successiva.
Oltrepassò le porte della città alta, divelte, aggirandosi per le strade rosse di sangue non suo.
La cosa non gli faceva nessun effetto.
Scavalcando cadaveri, giunse finalmente alla bassa torre che i compagni gli avevano descritto alcune ore prima, la torre di quei famigerati thayan: schiavisti, guerrafondai, tessitori di trame politiche, e chi più ne ha più ne metta.
Era ancora lì, intonsa.
Il genasi la osservò a lungo: dava un’idea di tranquilla, sontuosa, pacifica, intoccabile opulenza.
Uno strano contrasto in quel contesto di morte violenta che la circondava. Come una belva che sonnecchiava soddisfatta, circondata dai resti sanguinanti della preda che era stata il suo pasto.
E in locanda i vincitori festeggiavano la vittoria.
La vittoria.
Con un amaro sorriso sotto il cappuccio fradicio, il genasi si allontanò. Era ora di tornare ad Ashabenford.
Realgar
Thrain Stoneshield
Thrain Stoneshield