27-09-2018, 20:47
(Questo messaggio è stato modificato l'ultima volta il: 27-09-2018, 20:49 da Lochran.)
La sveglia mattutina nella camerata economica maschile della locanda dei Sei Scudi non era il massimo della vita. Non che la notte fosse granché meglio, ma almeno, se ci si riusciva ad addormentare, bene o male trascorreva.
La mattina invece…
Eh, la mattina ci si doveva svegliare e non c’era modo di evitare i propri compagni di stanza, il loro vociare, i ruggiti corporali, e men che meno i loro afrori. La mattina infatti lo stanzone era saturo di un esplosivo miscuglio di tanfo di sudore, alitosi alcoolica e agliata, puzza di piedi, peti e altri aromi per fortuna difficilmente distinguibili. E se gli ospiti erano tutti vivi andava ancora bene.
La mattina ai Sei Scudi era quasi peggio che in carcere a Marsember. Se non altro là le finestre delle celle erano senza vetri, per cui d’accordo, d’inverno era un freddo cane, ma almeno si respirava decentemente.
Per Gram quella camerata era il suo domicilio abituale e ormai ne aveva le scatole piene. Aveva visto andare e venire parecchia gente e poteva capire la maggior parte dei suoi compagni di stanza, avventurieri di passaggio, balordi, qualche mendicante che era riuscito a raggranellare il denaro per un letto decente, gente così, insomma.
Ma per altri proprio non riusciva a capacitarsi. Un esempio fra tutti era Ivor, il monaco ilmaterita dall’accento strano.
Quello aveva un posto letto pagato e ci dormiva pure spesso!
Probabilmente al tempio aveva la sua cameretta, pulita, con le candide lenzuola fresche di bucato e la trapuntina ricamata. Ma se ne stava lì nella camerata comune dei Sei Scudi a respirar scorregge altrui.
Certa gente è proprio strana…
Mentre, seduto sul letto meditava cupe, truculente e definitive soluzioni per quel camerata che puzzava come un caprone bagnato o quell’altro che musicava l’ultimo successo di Nightsong col sedere, massaggiandosi la faccia con una mano si rese conto che non si radeva ormai da tre o quattro giorni. Buttò l’occhio al lercio portacatino con pezzo di specchio incorporato che in quell’istante era usato da un trippone intento a pettinarsi i radi capelli unti con fare da principessa cormyriana e ammise a se stesso che no, non ce la poteva fare.
"Basta, la faccio crescere".
E con quel pensiero, si alzò si vestì e uscì velocemente da quel purgatorio.
La mattina invece…
Eh, la mattina ci si doveva svegliare e non c’era modo di evitare i propri compagni di stanza, il loro vociare, i ruggiti corporali, e men che meno i loro afrori. La mattina infatti lo stanzone era saturo di un esplosivo miscuglio di tanfo di sudore, alitosi alcoolica e agliata, puzza di piedi, peti e altri aromi per fortuna difficilmente distinguibili. E se gli ospiti erano tutti vivi andava ancora bene.
La mattina ai Sei Scudi era quasi peggio che in carcere a Marsember. Se non altro là le finestre delle celle erano senza vetri, per cui d’accordo, d’inverno era un freddo cane, ma almeno si respirava decentemente.
Per Gram quella camerata era il suo domicilio abituale e ormai ne aveva le scatole piene. Aveva visto andare e venire parecchia gente e poteva capire la maggior parte dei suoi compagni di stanza, avventurieri di passaggio, balordi, qualche mendicante che era riuscito a raggranellare il denaro per un letto decente, gente così, insomma.
Ma per altri proprio non riusciva a capacitarsi. Un esempio fra tutti era Ivor, il monaco ilmaterita dall’accento strano.
Quello aveva un posto letto pagato e ci dormiva pure spesso!
Probabilmente al tempio aveva la sua cameretta, pulita, con le candide lenzuola fresche di bucato e la trapuntina ricamata. Ma se ne stava lì nella camerata comune dei Sei Scudi a respirar scorregge altrui.
Certa gente è proprio strana…
Mentre, seduto sul letto meditava cupe, truculente e definitive soluzioni per quel camerata che puzzava come un caprone bagnato o quell’altro che musicava l’ultimo successo di Nightsong col sedere, massaggiandosi la faccia con una mano si rese conto che non si radeva ormai da tre o quattro giorni. Buttò l’occhio al lercio portacatino con pezzo di specchio incorporato che in quell’istante era usato da un trippone intento a pettinarsi i radi capelli unti con fare da principessa cormyriana e ammise a se stesso che no, non ce la poteva fare.
"Basta, la faccio crescere".
E con quel pensiero, si alzò si vestì e uscì velocemente da quel purgatorio.
Realgar
Thrain Stoneshield
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