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[Maragorn Fennec] Diario e appunti di viaggio
#11
Bene, bene e ancora bene. Conto di stare a Elven Crossing ancora per qualche giorno e poi, dopo essere tornato ad Ashabenfold per fare il punto della situazione, credo che ripartirò ancora una volta, questa però per una meta ben più lontana. Mi ci vorrà qualche settimana ma conto di raggiungere Shadowdale. Devo solamente trovare qualche informazione in più sul sentiero nella nebbia e fare scorta di provviste. Sono certo che nella biblioteca elfica troverò qualcosa di interessante riguardo ai sentieri.
Oltre questo devo assolutamente prendere qualche appunto da questi libri di linguistica, non voglio presentarmi alla prima lezione di Velyahn del tutto impreparato, al bando le brutte figure, almeno per questa volta.
 
Tornando a noi, è sempre bello passare del tempo qui, nonostante qualcuno mi guardi con diffidenza, la maggior parte dei suoi abitanti tendono ad ignorarmi ed è una condizione che devo ammettere non mi dispiace per niente. Può sembrare strano ma trovo un particolare fascino nel cercare di passare inosservato in una città abitata quasi esclusivamente da elfi.
La locanda è prenotata per 4 notti, avrò tutto il tempo di dedicarmi alle mie ricerche e di concedermi un poco di svago a Mith Drannor. Tra le altre cose, alla città del canto, dovrò dare un’occhiata agli archi in vendita in vista della mia rinnovata passione per una vita meno inscatolata. Una volta che troverò qualcosa che fa al caso mio dovrò trovare un maestro che mi insegni ad usarlo dato che, il massimo che ho fatto in vita mia con un arco, è stato tirare una freccia a una spanna dai miei piedi!
Basta volerlo.
Spero che solo che durante la mia assenza non succeda l’ennesimo pasticcio ad Ashabenfold!
 
*In calce alla pagina vi è l’immagine diretta della libreria davanti al posto di Maragorn in biblioteca. Sparpagliati sul tavolo, per la gioia del bibliotecario, i libri che ha trovato e che possono fare al caso suo*



[Immagine: hMg9UCo.jpg]
Una vita da mezzadro, anni di fatica e zappa per poi prendere una spada.

PG: Maragorn Fennec  Diario / Portrait
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#12
Lo studio va avanti ed è una buona cosa tanto che, quando le cameriere della locanda di Elven Crossing parlano lentamente, riesco anche a capire il senso di quello che dicono e per me sono passi da gigante. Domani sarò ad Ashabenfold per la lezione con Velyahn e, siccome non si vive di solo studio, dal giorno dopo mi dedicherò a qualche esplorazione. È da tanto che non rischio l’osso del collo nelle terre selvagge e la cosa un po’ mi manca. Inoltre devo prendere la decisione più importante: continuare con la via della spada o dedicarmi completamente alle esplorazioni? Credo che farmi una chiacchierata con lei mi schiarirà le idee!

Veniamo ora alle note dolenti, il bibliotecario per poco non mi cacciava dalla sala di lettura, diceva che stavo prendendo troppi libri dagli scaffali ammucchiandoli sul mio tavolo. Sono a malapena riuscito a calmarlo mostrandogli che, una volta finito, li rimettevo io stesso al loro posto. Nei prossimi giorni dovrò cercare di infastidirlo il meno possibile se voglio evitare problemi.
Ma i contrattempi non sono finiti in biblioteca, a Mith Drannor, durante una delle mie solite passeggiate, per poco non mi schiantavo contro un cittadino che scendeva da un grande albero: io salivo e lui scendeva e io, che ancora non ho capito come gestire questa cosa del galleggiare, l’ho mancato di un soffio. L’elfo mi ha urlato qualcosa dietro che non ho capito (uno dei pochi momenti in cui non rimpiango di non conoscere la lingua del Popolo) e ho passato buona parte della giornata a sperare che non fosse qualcuno di importante, un nobile o che so io. Non mi ricordo chi, ma qualcuno mi disse che è considerato illegale volare sulla testa di un notabile e vorrei evitare di finire in galera per una cosa simile.

*Segue un immagine del grande albero abitato, presumibilmente quello dal quale, per poco, non creava un incidente diplomatico*

[Immagine: 8ZDQrKt.jpg]
Una vita da mezzadro, anni di fatica e zappa per poi prendere una spada.

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#13
Finalmente! È passato un po’ di tempo dall'ultima volta che ho trascorso qualche ora in compagnia di Velyahn e ho capito perché una serata con lei mi mancava tanto. Mi ha portato a fare un giro nella loro sede, quella della Rosa dei Venti, che si trova a metà strada tra Elven Crossing ed Ashabenfold e devo dire che sono rimasto a dir poco stupito. Diciamo che la visita alla sede è stata una scusa, ci siamo concentrati più su grandi discorsi sul futuro e su cosa mi sarebbe davvero piaciuto fare ed in questo è davvero bravissima. Ma andiamo con ordine.

Per ciò che riguarda la sede, bhé, sono fornitissimi di tutto: una zona per la forgiatura delle armi, una camerata per gli ospiti, un bar molto fornito che farebbe invidia anche a Holfast del Cervo Bianco e soprattutto, un piano superiore davvero degno di nota. Mai visto tante mappe tutte assieme, delle Valli e non solo, ne ho visto addirittura una davvero enorme della Costa della Spada e tantissimi tomi sui più disparati argomenti. Inutile parlare della presenza di un erbario o di alcuni banconi per la distillazione alchemica.
Il pezzo forte però si trova nel sottotetto: un planetario dettagliatissimo, luci, ombre e colori che sembrava di librarsi per davvero tra i pianeti. Una stanza davvero magica, illusioni persistenti che non credevo si potessero realizzare. Personalmente non avevo la minima idea che ci potessero essere simili meraviglie al di fuori del nostro pianeta ma la mia “guida” è stata lesta a porgermi un’infarinatura di astronomia per comprendere al meglio ciò che stavo guardando.

E poi… è arrivato il mio momento. La decisione ormai è presa. Venderò il mio equipaggiamento: la corazza pesante e lo scudo enorme, quello che sembra un tavolo da pranzo, e mi comprerò un corpetto di cuoio, magari con qualche inserto in metallo ma niente di pesante e vistoso e poi prenderò un arco. Acquisterò entrambi a Mith Drannor e lì, li farò adattare alle mie necessità. Contestualmente a questo cambio di rotta, sarà anche il caso che mi disiscriva dal torneo di Battledale: non ho davvero voglia di andare a divertire qualche signorotto paffuto facendomi prendere a botte da un avventuriero a caso. Tutto questo dopo una semplice chiacchierata che, in verità, è stata semplice quanto un salto nel vuoto. Ecco, diciamo più una spintarella! Incredibile quanto quella donna riesca a farmi vedere le cose da un punto di vista differente, superando quelle che sono le mie paure e le mie costrizioni mentali.

Nota a margine. Samuel Manowar, quello strano tizio mascherato, pare che fosse un certo Vaghar, anche lui fa parte della sua compagnia. Non so come abbia fatto a cambiare il proprio aspetto, ma quello che ho visto quando se n’è andato probabilmente è la sua “versione” principale. Non ne posso essere completamente sicuro ma non credo che vi siano molti avventurieri nelle Valli che si riferiscono a loro stessi in terza persona e indicandosi come "Quest'Uomo". 
 
*Uno schizzo di Toril e Selune con il Sole in lontananza mostra l’allineamento per un’eclissi lunare, tutto rigorosamente in bianco e nero*

[Immagine: UjdQpk1.jpg]
Una vita da mezzadro, anni di fatica e zappa per poi prendere una spada.

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#14
Mi fa male la schiena, ho passato quasi tutto il giorno seduto nella sala comune a rimettere assieme i miei appunti, schizzi e rilevazioni. Avevo detto che forse poteva uscirne qualcosa di buono ma probabilmente mi sbagliavo. Cosa dovrei fare? Scrivere un libro forse? Non sono così istruito (anzi qualcuno direbbe che non lo sono per niente dato che non ho frequentato una vera scuola) e poi cosa dovrei mai raccontare in un libro che gli altri vorrebbero leggere? Ho solamente questi disegni e appunti di viaggio, come muoversi e come evitare eventuali pericoli presenti nelle vie carovaniere, le vie più rapide da percorrere, posti utili per i bivacchi: sostanzialmente appunti inutili!
 
*Gli ospiti della locanda che sostano nella zona comune al piano delle stanze, sobbalzano al frastuono di mobili rovesciati provenire dalla camera occupata da Maragorn.*
 
Appunti inutili, tutto inutile come inutile sono in questo posto! Perché mi hai voluto mandare qua!
 
*Seguono scarabocchi e macchie di inchiostro asciugato alla bell'e meglio*
 
Appunti, appunti di viaggio, e poi so disegnare. Certo non sono un artista ma so pur sempre disegnare un albero senza che sembri la brutta copia del disegno di un bimbo di 5 anni. Potrei mettere assieme tutte queste informazioni raccolte, magari integrandole con altre nuove e creare delle mappe, ma non semplici mappe, mappe illustrate con note e punti di interesse, magari qualche disegno dei pericoli che si possono incontrare. Perché no? Potrebbe essere un’idea. Magari poi potrei anche fare delle mappe su commissione. L’idea non è male dopo tutto, potrebbe essere la svolta di questa inedia nella quale sto lentamente scivolando.
 
*Ed ecco che, a tardissima notte, su una pagina del taccuino compare la prima bozza della copertina della sua futura opera.*

[Immagine: am6H8Uc.jpg]
Una vita da mezzadro, anni di fatica e zappa per poi prendere una spada.

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#15
“Ogni arma deve avere un nome, tutte le armi dei grandi avventurieri ce l’hanno, non vedo perché con il tuo arco debba fare diversamente!”

Così è iniziata l’ultima chiacchierata con Velyahn.

“Ma che nome dovrei darle?
-Non so, molti avventurieri usano nomi di donna per le loro armi.
-Nomi di donna? Mi sembra un pochino inquietante chiamare un arco Marianne o qualcosa del genere, sarò strano io!
-Magari si!”

In sostanza dovevo per forza dare un nome al mio arco, anche come buon auspicio diceva lei. A quel punto è iniziata una sequela di nomi dai più improbabili fino ai più assurdi che potessero venirci in mente fino a che lei non ha detto queste parole:

“Ma l’arco è uno strumento”

Da li a pizzicare la corda trasformando l’arco in un violino è stato davvero un attimo. Ed ecco il nome del mio arco: violino.
Ora non mi resta che andare ad Elven Crossing. Ho già preso contatti con un artigiano elfico per farmi sistemare il corpetto di cuoio e il mio nuovo corso potrà dirsi iniziato in maniera ufficiale. Al mio ritorno potremo continuare con le lezioni di elfico così da mettere in pratica tutto lo studio messo assieme in queste settimane.

Ps. Ho fatto uno schizzo di come vorrei la mia nuova armatura, speriamo che riescano ad accontentarmi!

*Un particolare di Violino*

[Immagine: iCp0N3A.jpg]
Una vita da mezzadro, anni di fatica e zappa per poi prendere una spada.

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#16
Le brutte notizie non vengono mai da sole. Mentre mi trovavo ad Elven Crossing sono stato colpito da un forte attacco influenzale che mi ha tenuto chiuso nella mia camera della locanda per 3 giorni più del preventivato e, una volta ritornato ad Ashabenford ho scoperto che Velyahn era partita. I suoi compagni della Rosa dei Venti mi hanno informato che è dovuta tornare dai suoi parenti senza preavviso e, per mio grande rammarico, non l’ho potuta nemmeno salutare. Di buono, se così si può dire, in cuor mio so che tornerà!

In ogni caso stavo in locanda a parlare con Eitinel, Vaghar, Xenia e Lilnuviel della partenza di Velyahn quando il locandiere ha avvisato la prima, che era stato avvistato un nuovo mostro nelle campagne tra Ashabenford e Glen, secondo lui del tutto simile al pollo planare gigante che lei stessa aveva affrontato tempo addietro e che aveva quasi distrutto la locanda del Cervo Bianco.
Non ci volle molto perché la maga decidesse di partire alla volta dei campi alla ricerca di indizi pertinenti al caso, trascinandoci con lei con l’aggiunta del sacerdote Graster.
L’unico inconveniente è che mancava qualche ora all'alba e che, sicuramente, non avremo trovato molte persone alle quali chiedere informazioni… infatti una volta giunti nei campi per poco non abbiamo fatto venire un infarto a un villico; e come dargli torto? Si è trovato davanti Vaghar vestito completamente di nero e con in mano una torcia che gli chiedeva informazioni, probabilmente ha pensato fosse la morte stessa venuta a fargli visita. Ma non è questo il punto.

Dopo averlo calmato e rassicurato, il contadino ci ha indicato una fattoria, poco più a nord, in cui si erano verificati dei fatti strani, ultimo la sparizione del padrone: sembrava un buon punto per iniziare le indagini.
Una volta giunti sul posto ci siamo divisi. Il cortile aveva una zona retrostante adibita a recinto per gli animali, una casetta, una stalla coperta con annesso fienile e un pozzo.
La casa presentava chiarissimi segni di lotta. Pur non entrando dentro l’edificio, dalle finestre si poteva vedere chiaramente che i mobili al suo interno erano rovesciati e distrutti, come se al suo interno ci fosse stata una colluttazione di qualche genere. All'esterno, nella zona del recinto degli animali, c’erano tracce di sangue e di quella che sembrava una pozza di vernice, o di qualcosa con una consistenza ben più liquida, di uno strano colore o meglio, di un colore indefinito. Questo colore sembrava racchiudere al suo interno l’intero spettro prismatico come credo di non aver mai visto prima. Mentre esaminavo quest’ultima pozza, un urlo proveniente dalle stalle, mi riportò con i piedi per terra. Al suo interno Eitinel e Xenia avevano rinvenuto delle carcasse di animali sgozzate e sventrate in maniera più che truculenta, lasciando un vero e proprio lago di sangue. Mancava solo il pozzo da visionare. Alla sua base ancora resti di quello strano liquido colorato e dal suo interno lo sciacquettio dell’acqua. D’un tratto uno strano rumore si fece largo tra le ripide pareti di pietra, un lamento non umano. In un men che non si dica tutti fummo pronti, armi in pugno, ad accogliere ciò che sembrava venir su dal pozzo.
Proprio quando non aspettavamo altro che la comparsa di un mostro famelico, la nostra attenzione venne distolta dal rumore di un carro che, a tutta velocità, si avvicinava alla fattoria. Da quel carro balzò giù un vecchio, completamente scompigliato, che sbraitava: era il padrone scomparso della fattoria. Noi eravamo sul suo terreno ed eravamo per questo in torto ma in lui, nel suo cavallo e nel suo calessino c’era qualcosa di molto strano. Xenia notò che nel retro del suo mezzo di trasporto vi erano altre carcasse di animali in putrefazione, tutto questo mentre dalla bocca del vecchio sbraitante iniziava a colare una bava di quello strano colore! Provai ad avvicinarmi al cavallo per cercare di calmarlo, dato che iniziava a innervosirsi, ma per quanto tentassi c'era qualcosa in lui che lo rendeva irrequieto, come se non fosse padrone dei suoi movimenti. Quando il vecchio provò ad aggredirci questi venne immobilizzato a terra da Graster e Vaghar. Sul suo collo pulsavano dei tagli trasversali, come branchie e, piano piano, nonostante avesse dimostrato di avere una forza sovrumana, iniziava a non avere più la resistenza per lottare.
C’era qualcosa che pulsava nella sua gola, un bozzolo, un uovo, qualcosa di estraneo al suo corpo che però lo stava facendo soffocare. In quel momento, con uno strattone ancora più violento il cavallo si liberò dalla mia presa lanciandosi al galoppo, ormai libero dal carretto. Qualunque cosa fosse quella che controllava il vecchio, era chiaro che anche il cavallo era stato infetto. Per questo, quando fu lontano appena qualche decina di metri, Eitinel decise di abbatterlo con un incantesimo. Una pioggia di dardi fuoriuscì dalle sue mani andando ad abbattersi contro il cavallo che cadde a terra senza vita. Tutto questo mentre il vecchio continuava ad ansimare: se non avessimo fatto nulla sarebbe morto di lì a poco e infatti, con un ultimo sussulto anche il vecchio spirò andando letteralmente a liquefarsi in una orribile pozza di liquido colorato. L’ovulo al suo interno, nel mentre si era schiuso rivelando un essere che aveva l’aspetto di un pesce deforme che, senza acqua, sembrava destinato a morire. Mentre lo guardavamo dibattersi questi, in uno scatto fulmineo si lanciò sotto il carro, scavando una buca. Solo la prontezza di Eitinel riuscì a fermarlo pietrificando il terreno sottostante al carro e intrappolandolo. Con un contro incantesimo riuscimmo a recuperare la lisca di questo pesce deforme e, con Vaghar, andammo a controllare la carcassa del cavallo. Proprio mentre ci avvicinavamo anche il cavallo sparì sotto i nostri occhi ma, questa volta, riuscimmo a inchiodare al terreno il pesce grazie all'ausilio di un coltello. Recuperammo anche questo che si mostrava deforme come il primo, anche se in maniera differente.
Prima di tornare in città decidemmo di avvisare le fattorie circostanti almeno per chiedere loro di fare attenzione con l’acqua della falda acquifera che, gli dei solo sanno da chi, poteva essere contaminata. Per fortuna scoprimmo che il pozzo della “fattoria maledetta” era l’unico della zona a non attingere dalla falda ma da un fiume sotterraneo.

Non scorderò mai gli occhi vacui del vecchio contadino, né quello stranissimo colore: un colore che veniva dallo spazio.
 
*In calce alla pagina un disegno molto realistico del primo piano del vecchio sbavante, realizzato a matita in bianco e nero.*

[Immagine: 4svArvE.jpg]

- Dm Nyx -
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#17
Nei giorni successivi a quello strano incontro decisi di starmene buono per un poco in città. Non avevo molta voglia di uscire e vedere gente e per tanto decisi di occupare quel tempo nel riordinare i miei appunti e le mie mappe. Trovai alcuni disegni “dimenticati”, scorci di passaggi nel folto delle foreste della zona, profili di picchi iniziati e mai conclusi davvero. Non riuscivo a trovare la voglia di rimettermi in viaggio ma non potevo restare ad Ashabenford e li, per quanto mi sforzassi di uscire il meno possibile dalla camera del cervo bianco non potevo mai dirmi davvero solo. Uscivo solo di notte fino a che, passeggiando sul ponte, vidi una luce stranissima. La luna si rifletteva nel corso d’acqua e assieme a lei anche le poche luminarie delle case rimaste ancora accese, quelle vicino alle finestre che si andavano a specchiare sul fiume. Decisi di disegnare ciò che vedevo e probabilmente questa decisione fu una delle più importanti da quando sono arrivato in città. Mentre completavo i contorni delle case sulla riva sinistra ecco che sento zampettare alle mie spalle:

“Buona serata signor Fennone! Cosa fate?”

Quella voce era inconfondibile e altrettanto inconfondibile era il modo di storpiare ogni singolo nome e cognome gli capitasse a portata di bocca: era Urdo il paggio. La discussione nata dalla semplice visione dello scorcio cittadino, di cui sinceramente non ricordo praticamente nulla, ha sicuramente mosso qualcosa nella testa dell’halfling tanto che, poche ora fa, mi ha annunciato che aveva venduto i miei servigi da ritrattista a una dama venuta in visita da Neverwinter. Si, non ho scritto male, è esattamente quello che intendevo: Urdo ha venduto a una nobildonna di Neverwinter in visita nelle valli, i miei servigi da ritrattista. Semplicemente ha visto lo scorcio e si è convinto del fatto che fossi un qualche genere di pittore professionista, magari esperto di ritratti. Inutile dire che mi ha assicurato un buon compenso e, saputo che in realtà non sono un pittore ma un esploratore, ha aggiunto che avrei potuto anche accompagnarla in una escursione che aveva in programma sempre per deliziare la permanenza della dama.
Di buono c’è che la data non è stata ancora fissata e che, in virtù di questo, posso ancora “esercitarmi”.
 
*dal tipo di grafia e dall’inclinazione sembra che queste righe siano state aggiunte in un momento successivo al messaggio precedente*
 
Sono assolutamente senza parole! Vorrei urlare ma non è possibile farlo in un diario!
Mi trovavo in piazza in compagnia di Eitinel e del paladino Galduran quando ho fatto la conoscenza della dama di compagnia di questa Cordelia Roman (è questo il nome della nobile che alloggia fuori città) che, dopo che ha saputo che il ritrattista tanto atteso ero io, mi ha accennato che il ritratto che la sua signora desidera è un ritratto al naturale. Senza vestiti. Inutile dire che era convinta che io sapessi di questo insignificante particolare e che si è stupida, ma solo fino a un certo punto, del fatto che Urdo non me ne avesse fatto menzione. Ora sono indeciso se strozzarlo o se semplicemente legargli una corda attorno al collo e buttarlo al fiume ad inseguire un masso legato all’altra estremità. Magari potrei chiedere a qualcuno, forse a Darsa avanza una palla di fuoco.
 
*dopo quest’aggiunta, quasi ad esorcizzare la situazione, si trova lo scorcio dal ponte di Ashabenford*

[Immagine: k6wsi0u.jpg]
Una vita da mezzadro, anni di fatica e zappa per poi prendere una spada.

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#18
Da quanto tempo non scrivevo due righe davanti a un fuoco, accampato con la mia tenda, mangiando ciò che riesco a procurarmi? La risposta è semplice: troppo tempo!

Ah, il Cormanthor. Una zona decisamente affascinante che potrei anche definire come la mia preferita di tutte le Valli. Cosa ha di così speciale? La natura superba di una fitta e intricata foresta e le rovine degli elfi che qui avevano costruito le loro case.
Ma se devo scegliere un luogo che apprezzo più di ogni altra cosa, credo senza dubbio che si tratti della la radura della pietra verticale. Non conoscevo molto della sua storia oltre a quello che sanno tutti. So che venne innalzata dagli elfi e dagli umani delle Valli come simbolo di alleanza e amicizia e che dalla sua edificazione parte il calendario delle valli in uso ancora tutt'oggi dopo quasi 1400 anni. Poi, praticamente per caso, me la sono ritrovata davanti, spezzata ma ancora in piedi. Venne rovinata da un gruppo di elfi integralisti, così ho sentito vengono chiamati, che desiderano il completo allontanamento dell'antico popolo dal mondo degli uomini e viceversa, non desiderano contaminazioni né spartire le loro foreste con chicchessia. La stupidità di questi propositi si commenta da sola, le foreste non hanno altri padroni che animali che le popolano. Tutti, umani, elfi o qualunque altra specie che sia, sono ospiti al loro interno e come tali si devono comportare, ospiti in casa di altri, ospiti che devono rispetto ai veri padroni di casa e alla casa stessa. Il rapporto che ho notato esiste ancora oggi tra elfi e uomini è, a mio avviso, ben rappresentato da quel monolite: rovinato ma ancora in piedi, capace di sfidare le intemperie pare dire:

“HEY, io sono ancora qui e non sarà facile farmi fuori!”

Con questo non voglio dire che gli elfi sono i responsabili di questa situazione, tutt'altro. Per troppo tempo abbiamo dato per scontato che gli elfi fossero come gli umani, solo più bassi e con le orecchie a punta, invece sto scoprendo che non è così. Hanno una cultura e una storia che muove le loro azioni, una società ben più complessa di quella umana ed è forse per questo che, spesso, ci si può trovare in conflitto. Il primo passo per convivere in pace e armonia è capirsi a vicenda. Se ci si ferma alla superficie non si andrà lontano e anzi, i passi in avanti fatti saranno solo un ricordo.
Posso solo augurarmi che i nostri governanti, siano essi Siniscalchi, Duchi, Principi, Coronal o quant'altro, abbiano davvero voglia di venirsi incontro e di capirsi l’un l’altro, usando le differenze come pretesti per arricchirsi e non come alibi per isolarsi.
 
*In fondo alla pagina un disegno, fatto a carboncino, della grande Pietra Verticale, sberciata ma pur sempre in piedi*

[Immagine: Lebxgse.jpg]
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#19
L’orrore è tornato a bussare alla mia porta e questa volta ha presentato un conto che poteva essere assai più salato.
Ero tornato dal Cormanthor da un giorno quando ho incontrato Michaela alla locanda del Cervo Bianco. Abbiamo parlato un po’, era da un discreto numero di giorni che non la incontravo, tra i miei viaggi e i suoi impegni con il tempio del piangente ci eravamo persi di vista. Tra una chiacchiera e l’altra è uscito il fatto che si sarebbe dovuta recare a Mith Drannor per un incontro con padre Ivor Chernov, un sacerdote del suo ordine, ma che non aveva la minima idea di come arrivarci. Il cartello delle destinazioni delle carovane non segnalava fermate alla capitale elfica e nella stazione di posta non c’era nessuno a cui chiedere.

Chiaramente le spiegai che bisognava prendere la carovana per Elven Crossing e da lì proseguire tramite un portale magico. Mi offrì quindi di accompagnarla a patto di andarci a piedi, dato che la distanza non era eccessiva.
La passeggiata, perché di questo si trattava, fu molto rilassante. Avevo una mezza idea di fermarmi ad Elven Crossing una volta accompagnata al luogo dell’appuntamento e, nel mentre, ero deciso a godermi la compagnia della paladina. Per inciso, trovo che sia una persona piacevole, gentile e molto empatica ma, seppur gradevole, il viaggio fu breve e in poche ore fummo al centro di Mith Drannor in vista della locanda.

In quel preciso istante una forte sensazione di smarrimento si impadronì di me. Dapprima un mal di testa via via più forte, voci che si rincorrevano nella mia testa accompagnate da un’orribile sensazione di sprofondare nel terreno, non mi reggevo più in piedi e il mio corpo bruciava, come se fossi stato sprofondato nell’abisso da un demone infernale. Non sapevo cosa fare, avrei voluto urlare dal dolore ma dalla mia bocca non usciva alcun suono, tutto mentre sentivo che il mio corpo bruciava. Poi, davanti a me, quell'occhio infernale che mi scrutava, lo stesso occhio che aveva il vecchio Thomas poco prima di morire. Più passava il tempo più sentivo di star perdendo il controllo poi, di punto in bianco, esattamente come è iniziato tutto, la sofferenza cessò lasciando spazio a un forte senso di disorientamento. Ero sdraiato su una panchina, nel cortile della locanda, le iridi ultraterrene di Michaela che mi fissavano preoccupate e un monaco, che ho scoperto poi essere il confratello della paladina, che cercava di farmi rinvenire usando rimedi erboristici. Non so se quello strano stato cessò grazie agli sforzi del monaco o se avvenne solo perché così doveva essere ma stavo quasi bene, almeno fisicamente. Ancora mi doleva la testa, soprattutto se cercavo di ripensare a quel terribile occhio. Provai a disegnarlo per focalizzare meglio i miei pensieri ma, ogni volta che tentavo di tracciare i contorni dell’iride, la testa riprendeva a pulsare tanto da non riuscire più a tenere in mano la matita.
Gli impegni dei due ilmateriti li chiamavano lontano e per questo decisi di entrare a riposare prendendo una stanza in locanda.

Una volta dentro accadde l’ennesimo fatto inspiegabile della giornata.
Una fitta alla schiena mentre ero seduto allo scrittoio e un rumore sordo di impatto con il legno del pavimento. Per terra, sotto i miei piedi, c’era una di quelle lische deformi che avevamo trovato tra i resti del vecchio Thomas e del cavallo. Mi guardai allo specchio, sfruttando i due presenti nella stanza e notai che, in prossimità della mia zona lombare, vi erano dei piccoli forellini in corrispondenza al punto dove quello strano essere doveva essersi attaccato.
Possibile che sia rimasto attaccato al mio cappotto per tutto questo tempo e che durante la "passeggiata" con Michaela si sia attaccato alla mia schiena? Non avevo nulla sulla pelle almeno fino alla sera prima, quando ho fatto il bagno. Pensando queste cose decisi di raccoglierla per osservarla da vicino commettendo la prima vera leggerezza. La presi in mano con l’ausilio di uno dei guanti della mia tenuta da caccia e sentì la testa svuotarsi. Era come se mi guardassi dal di fuori muovermi e spostarmi. Poi il buio. Tutto ovattato, non solo i suoni ma anche le sensazioni: il sole sulla pelle, ammesso fosse il sole quello che sentivo, poi il vento, lo spaccarsi dei rametti sulla strada al mio passaggio; tutto aveva il medesimo suono di quando si cammina su uno spesso tappeto di lana. D’un tratto, non so dire quanto tempo era passato, sentì delle voci via via più nitide, quasi familiari. Lo dovevano essere per forza perché, quello che da prima sembrava un mugolio senza senso piano piano prendeva forma e suono conosciuti, stavano chiamando il mio nome. Uno strattone e poi il fiato mancare. Bruscamente ripresi possesso delle mie facoltà mentali, sopra di me avevo Graster e Lilnuviel che mi tenevano saldamente attaccato al suolo e, questo lo scoprì in un secondo momento, mi avevano appena strappato dalle mani la lisca deforme. Mi guardai attorno e vidi i resti della fattoria del vecchio Thomas e i miei compagni armati e pronti a intervenire, tutti concentrati sul pozzo.
Non sapevo cosa Eitinel avesse scoperto nelle sue ricerche ma, in quel momento, la mia mente avrebbe trovato ben più importante scoprire come avessi fatto ad arrivare lì e quanto tempo ci avessi messo a percorrere la via in quello stato di semi incoscienza. Questo almeno fino a che un rumore sordo proveniente dal fondo del pozzo, simile a un ruggito, mi diede un ulteriore scossone. L’imboccatura della cavità era completamente ricoperta da quella sostanza viscosa di un colore indefinito e, da come tremava la struttura esterna, sembrava che qualcosa di molto grosso stesse tentando di uscire fuori. Senza capire il perché, imitai i miei compagni ed imbracciai il mio arco, incoccai una freccia ma non riuscii a tenderlo dato che ancora mi tremavano le mani e la freccia non voleva saperne di restare nella posizione corretta. Non sarei stato di grande aiuto in un combattimento quindi speravo, come tutti, che quella cosa non riuscisse a venire alla luce.
Fortunatamente Eitinel, con un incantesimo, sciolse le rocce tutt'attorno, modellandole e trasformandole in un grande tappo volto a sigillarne l’imboccatura. Per ora era finita ma in cuor nostro sapevamo tutti che sarebbe stata solo una tregua temporanea. Quel mostro ancora si aggirava nel dedalo di grotte sotterranee dove scorrono i fiumi quando scompaiono alla vista in superficie e, sicuramente, non vi sarebbe rimasto per molto.
Avrei avuto comunque modo, nei giorni successivi, di informarmi sulle scoperte fatta dalla maga dal cappello a punta.
 
*Dopo alcuni giorni dalla stesura della pagina, compare il disegno di un occhio dalle molteplici iridi dal tratto piuttosto indeciso*

[Immagine: 1NOzcuA.jpg]

- Dm Nyx -
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#20
Sono riuscito finalmente a trovare un buon libro che parli della storia di Mith Drannor, l’unico problema è che è scritto in elfico. Certo, so bene che ormai non dovrebbe essere un grosso problema visto da quanto tempo studio la lingua del popolo e visti soprattutto i tanti e capaci insegnanti che mi stanno dando una mano, ma non mi sento molto sicuro soprattutto su un testo che cita diversi documenti ufficiali che risalgono alla fondazione della città. Ho trovato alcuni passaggi di difficile comprensione, con parole che non avevo mai sentito prima ma che hanno una radice simile a parole che conosco, probabilmente si tratta di termini arcaici ormai caduti in disuso o utilizzati solo per comunicazioni ufficiali.

Sarà comunque una bella sfida tradurlo tutto ma mi ci metterò d’impegno. Tanto per cominciare cercherò un po’ di pace all'aria aperta, non resterò in locanda a darmi da fare ma credo che la cosa migliore sia mettermi a lavoro in un luogo all'aperto, tranquillo e che mi lasci la possibilità di concentrarmi. Probabilmente ho trovato il posto che fa al caso mio, La tavola del Raccolto. È un posto molto tranquillo e, soprattutto la sera, non ci va quasi nessuno. Devo però chiedere il permesso alla sacerdotessa, anche se non credo che rifiuterà la mia richiesta.
 
*Il mattino seguente, di buonora, presi tutti i suoi libri e appunti si recò nella collinetta boscosa nel cuore di Ashabenfold ovest per iniziare la sua opera di traduzione. A conclusione della giornata di studio, in fondo alla pagina del diario compare uno schizzo della zona, con la sacerdotessa Jhanita che, mostrando un lieve sorriso, sembra quasi in posa*


[Immagine: D6ZQFEm.jpg]
Una vita da mezzadro, anni di fatica e zappa per poi prendere una spada.

PG: Maragorn Fennec  Diario / Portrait
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